Quando si parla di Sardegna si deve parlare anche di miniera. I sardi sono stati minatori da sempre. Già con la civiltà prenuragica gli uomini estraevano l’ossidiana. I nuragici estraevano argento, ma per loro non era importante. A loro serviva il bronzo e per fare il bronzo serve rame e stagno, per questo iniziarono a commercializzare ciò che avevano in cambio di ciò che mancava.
La miniera in Sardegna, storia di una regione
La Sardegna è una terra ricchissima che attrasse diversi popoli nel corso dei secoli. Ci passarono i fenici, punici, romani. I romani avevano le monete in argento, nella vita quotidiana usavano stoviglie in piombo. Ed ecco che nell’Ottocento le miniere di piombo, ferro e argento in Sardegna saranno più di 50. Ancora oggi la loro presenza è testimoniata già dai nomi dei luoghi Argentiera, Montiferru, Capo Ferro. Poi venne scoperta la dinamite e divisa la proprietà del suolo dal sottosuolo. Siamo ancora prima dell’unità d’Italia ci sono gli Stati Sabaudi.
Lo Stato introduce il demanio e le compagnie minerarie potevano allora effettuare attività di ricerca e di avvio produzioni con il solo obbligo di versare il 3% allo stato e risarcire i proprietari del suolo per i danni arrecati. Così, arrivarono dal resto d’Italia, imprenditori perché in Sardegna c’erano metalli ed era facile ottenere le concessioni minerarie. Nacquero le prime società minerarie e crescevano le prospettive economiche dell’isola. Eppure aumentava drasticamente il malessere della popolazione. I Sardi sacrificarono le loro vite per un futuro che venne loro negato da silicosi, morti premature, incidenti in miniera.
Ma la miniera era nel DNA dei Sardi e al giorno d’oggi non si può non considerare questo patrimonio culturale e storico della Sardegna. È uno dei suoi aspetti poco noti e solo nell’ultimo decennio, o poco più, è stato valorizzato, diventando addirittura patrimonio mondiale dell’UNESCO.
La zona che più di tutte in Sardegna rappresenta questa ricchezza è il Sulcis Iglesiente.
A Porto Flavia i racconti della dura vita dei minatori si mescolano all’opera incredibile e avveniristica che è questa galleria, ma Porto Flavia non è una miniera. Come fare per vederne una? A Masua è possibile vedere il Museo delle Macchine da Miniera, ma proseguendo di alcuni chilometri più a Sud c’è un’intera città costruita in nome della miniera. È Carbonia. Città nata sopra la Grande Miniera di Serbariu da cui si estraeva appunto carbone.
La Grande Miniera di Serbariu
Due grandi torri di ferro, marroni e scheletriche si innalzano dove oggi è allestito il Museo del Carbone. È così che scendiamo in miniera. Le miniere di carbone però sono tra le più pericolose e quindi oggi la galleria che si può visitare è tutta rivestita di resina e il problema sicurezza è risolto.
Pensare che non saremmo potuti scendere con cellulari, macchine fotografiche e le loro batterie ci fa pensare a quanto alto fosse il rischio di incendi.
Correva l’anno 1937 quando entrò in funzione la grande miniera, che ha lavorato fino agli anni 60 per chiudere definitivamente un decennio dopo. Era un’azienda autarchica dove la presenza del regime fascista si fa sentire ancora oggi. All’ingresso dell’azienda leggiamo sul suo muro la frase scritta a caratteri cubitali: “coloro che io preferisco sono quelli che lavorano duro, secco, sodo in obbedienza e possibilmente in silenzio”.
Noi nati lontani da quegli anni facciamo fatica perfino a immaginare schiene piegate.
Era il più grande giacimento carbonifero italiano e attirò tantissimi lavoratori da tutta Italia. Sorse Carbonia nel 1938 in soli 300 giorni. Sorse per dare alloggi ai lavoratori della miniera. E tanti furono attratti dalla possibilità di dare alle loro famiglie una casa con acqua corrente, i bagni, l’energia elettrica. Appartamenti dati in locazione della società mineraria. Così fino agli anni ‘40 Serbariu continuò ad attrarre lavoratori e Carbonia divenne la terza città dell’isola con 53 mila abitanti, oggi ne ha meno di 30 mila. Il 20% della forza lavoro veniva dal resto d’Italia.
I minatori
Serbariu contava 18 mila lavoratori e ne mandava in sotterraneo 12 mila in tre turni da 8 ore. Ore massacranti dove la polvere era tantissima, le temperature sfioravano i 40 gradi e gli sforzi richiesti dal lavoro erano al limite della dignità. I vagoncini di carbone pesavano quintali e quintali e venivano spinti da due soli minatori. Gli animali per fare lo stesso lavoro sarebbero costati troppo, più di due uomini. La giornata di un minatore iniziava dalla lampisteria il locale oggi restaurato, che occupa il museo del carbone, con tutta la storia del carbon fossile, le sue classificazioni, tutti gli oggetti appartenuti davvero ai minatori, il locale delle docce.
La lampisteria era il locale dove un minatore arrivava, lasciando giù la sua bicicletta, ritirava la lampada e consegnava la sua medaglia identificativa, che rimaneva appesa a segnalare la sua presenza in profondità. La giornata iniziava qui e se andava bene qui finiva.
Sala argani
Dalla lampisteria i minatori si spostavano alle gabbie, alle due scheletriche torri marroni che hanno attratto noi a entrare a visitare questo luogo. Serbariu scende a 317 metri e ha 9 pozzi. Carbonia è attraversata dalla miniera. La sala argani mostra i motori che facevano andare su e giù le gabbie con i minatori e con i materiali. Il turista, oggi, scende nella prima galleria a piedi. Nella miniera viene costruito l’ambiente di allora, le frane per l’estrazione, gli strumenti, il martello sa sposa, i carrelli, i nastri e i rumori. I rumori che oggi sono ridotti a 1/5 di quello che erano e sono forti. Non riusciamo proprio a moltiplicarli per 5 nel nostro cervello.
Il giacimento sulcitano è rimasto operativo con l’ultima miniera italiana di carbone a Nuraxi Vigos, a qualche chilometro da Carboni, fino alla fine del 2018, ieri. Si usavano macchinari e non più uomini. Macchinari che si possono vedere installati alla Grande Miniera di Serbariu. Sono delle bestie enormi e impressionanti, che ci danno i saluti, un’ultima suggestione di curiosità mista a tristezza, prima di tornare in superficie.
INFORMAZIONI:
-Prezzo parcheggio: gratuito
-Costo ingresso al museo e miniera: 8,00 Euro a persona
INDIRIZZO DELLA NOSTRA SOSTA | Museo del Carbone della Grande Miniera di Serbariu, Grande Miniera di Serbariu, Carbonia, CI; coordinate GPS (descrizione, prezzi e voto sulla nostra mappa). |
PERIODO DELLA VISITA | Luglio 2019 |