Scopriamo uno dei borghi più belli d’Italia situato sulle sponde del fiume Mincio. Ci accompagna nel viaggio il nuovo Camper “Heisenberg”.
Partiamo oggi per il primo viaggetto col camper nuovo.
Milka è da subito agitatissima, impaurita e stressata: su Heisenberg non viaggia tranquilla.
Cavriana
Tra un cigolio e l’altro e con Milka ormai esasperata, arriviamo a Cavriana di cui vogliamo visitare la Rocca. Parcheggiamo in questo grande e deserto parcheggio, deserto ad eccezione di due ciclisti con due furgoncini appresso che ci consigliano altri luoghi, secondo loro, più affascinanti e belli, tra cui Borghetto e Valeggio sul Mincio. Inizia a piovigginare, il vento sferza potente, Milka tira al guinzaglio. Insomma, ormai siamo qui, anche se ai ciclisti non piace, diamocela un’occhiata veloce almeno alla Rocca, no?
Villa Mirra
In paese c’è il mercato; è mezzogiorno e un po’ guidati dallo stomaco ci ritroviamo nei giardini di Villa Mirra, da una parte le pareti sono rosse e gialle con di fronte delle alte palme: l’impressione è quella di essere in Messico, ma, al contrario, qui piove e tira vento.
La Rocca di Cavriana
Saliamo alla Rocca inizialmente voluta dai Canossa poi ampliata dai Gonzaga per permettere con le sue torri di avvistamento, di cui una adesso è un campanile, di avvertire la vicina Mantova dei pericoli imminenti.
La fortezza divenne anche residenza signorile della corte gonzaghesca. I resti sono ancora ben visibili; intorno alla Rocca un bel parco ci consente di immaginarvi rievocazioni storiche e “grigliate paura”, le mura e i lavori di restauro permettono di avere un’ampia vista sulla campagna circostante che ripaga ampiamente il freddo sopportato.
borghetto
Il Parcheggio
Torniamo al camper e decidiamo di andare a Borghetto. La strada è immersa nella campagna con dei sali e scendi tali da rendere il paesaggio spettacolare. Sono 11 km che percorriamo in un quarto d’ora. Appena arriviamo, ci troviamo da un lato un parcheggio per camper 5€ per 24 ore e dall’altra un’area di sosta per camper. Noi optiamo per il parcheggio, perché il nostro programma iniziale prevede già di andare all’area di sosta di Monzambano per visitarne castello.
In attesa di tempi migliori
Inizia a piovere a catinelle, tanto da indurci ad abbandonare l’idea di Monzambano. Restiamo nel parcheggio e rimandiamo la visita a Borghetto a quando smetterà un po’ di piovere.
Prepariamo da mangiare nel camper.
Non abbiamo acqua, quella del serbatoio del camper è ancora sporca, perché tra le pulizie e piccoli lavoretti per rimettere in sesto il nuovo arrivato, traslocare gli averi da Camillo a Heisenberg, non c’è stato tempo di far girare l’acqua per pulire il serbatoio.
Prendiamo quel poco che è rimasto da una bottiglia portata da casa e proviamo a fare una pasta. Il risultato finale è un risotto, ma va bene così.
Il borgo
Alle quattro finalmente usciamo a visitare Borghetto e complice il brutto tempo, la gente in giro è poca.
Borghetto è un piccolo paesello con tanti bar, tanti mulini e, ancora più, tanti lucchetti. È sorto intorno al 1400, sulle rive del fiume Mincio che lo rende un borgo romantico. Con l’acqua del fiume molavano il frumento e i mulini sono rimasti funzionanti fino alla metà del XX secolo, in sostanza ieri. Ora sono tutti restaurati e adibiti ad attività commerciali, fonte di attrattiva per turisti.
Tramonto e arcobaleno al Castello
Dopo aver guadato il Mincio su un ponte fatto di grate e passerelle perché purtroppo stanno restaurando il vero ponte, saliamo al castello di Valeggio sul Mincio. Ancora adesso non abbiamo capito dove finisca Borghetto e inizi Valeggio.
Ci conduce al castello una scalinata contornata dai più strani alberi, da quelli con la corteccia simile a pelle a quelli zebrati, ma con i colori delle giraffe. Arrivati al castello ci accoglie uno spettacolo: il tramonto che si unisce ai colori di un, seppur flebile, gigantesco e completo arcobaleno sopra la torre diroccata del Castello. È quasi magia.
La Leggenda
D’altro canto la leggenda narra che siamo nel paese in cui Papa Leone Magno con un crocefisso fermò la marcia di Attila, non uno qualunque, Attila, il re degli Unni, storia volutamente ingigantita e romanzata con l’aurea del miracolo e delle apparizioni dalla Chiesa. Fatto sta che Attila, vuoi per il terrore della morte, vuoi perché impressionato da Papa Leone, si ritirò davvero e a Roma non giunse.
Il Castello di Valeggio sul Mincio
Il castello ci accoglie nel suo fascino antico, le torri non sono aperte perché in caso di maltempo tutti si rintanano in casa e non vanno di certo nel più alto di un castello Scaligero, costruito già di per sé su una collina morenica. Questo castello è diverso dalla Rocca di Cavriana visitata alla mattina, anzi, seppure distino poche decine di chilometri, proprio non c’entrano niente l’uno con l’altra. Il castello di Valeggio è stato, infatti, costruito dagli Scaligeri, è del XIII secolo e assomiglia proprio a un castello, mentre la rocca dei Gonzaga è più una fortezza.
Il Guado del Mincio
Torniamo giù dopo le foto di rito e un paio di oooh, incontriamo qualche cane tra cui Giulio, un “border collie barbuto”, ci dice la padrona. Giulio è sul ponte passerella da noi già attraversato all’andata. La proprietaria ci ferma per usare Milka come adescatrice e far smuovere questo povero cane che, terrorizzato, non ne vuole sapere di andare né avanti né indietro. Bella figura bau bau, proprio nel paese usato fin dai Galli e dai Longobardi come punto naturale, facile e strategico di guado del Mincio. Neanche Milka con il suo fare da civetta convince Giulio a muoversi, così che abbandoniamo padrona e cane al loro destino e ci rifugiamo nel “La Fiaba Italian bar” per un aperitivo-cena per non cucinare nel camper.
La Fiaba al bar
Ci ritroviamo in un luogo pieno di oggetti, di tutti gli stili, di tutti i tempi, un sacco di piante, un acquario sporco, una stufa a pellet, divanetti degli anni 70 su dei pallet, un ombrellone in canna di bambù proveniente da un paese esotico, una teiera, un Taj Mahal in miniatura, un candelabro gigantesco. Abbiamo letto un po’ le recensioni e scoperto che un posto così o lo ami, o lo odi.
Noi ne siamo incuriositi e vorremmo farci raccontare la storia di questo signore dalla barba bianca, ma dobbiamo ancora trovare la formula per farci narrare la vita degli altri senza domandare per non risultare invadenti. La lista del bar presenta una serie infinita di tè da tutto il mondo, sulle pareti i quadri, i dipinti e i disegni mi ricordano l’India. Ritorniamo al camper con le nostre domande segrete.
La notte
Non abbiamo tanta energia a disposizione perché il pannello solare, essendoci brutto, non ha caricato molto e a noi questa banale proporzione sole-energia sembra una cosa bellissima, più che una privazione. Riusciamo, comunque, a leggere un po’ e uno dei due libri è ambientato, caso vuole, in India.
Castellaro Lagusello
La mattina ci svegliamo con ancora il cielo nuvoloso, ma non ci scoraggiamo. Facciamo tutti e tre colazione sul camper e partiamo con destinazione Castellaro Lagusello, dove parcheggiamo nella zona industriale. Siamo nel mezzo delle colline moreniche, alle spalle abbiamo la riserva regionale con il lago a forma di cuore, davanti in bella vista questo sali e scendi di campi coltivati e in lontananza il profilo delle montagne.
Il gioco del Tamburello
Ci dirigiamo in paese, dove ci sono le bancarelle degli artigiani locali. Ci perdiamo in una viuzza che porta al parcheggio della pesa. C’è un campo sportivo, sembra di essere nel paese delle meraviglie di Alice. Le righe sul terreno sono tutte strane, non c’è una porta, non un canestro, nemmeno una rete. Ci giocano a tamburello; è uno sport antichissimo, i Romani già ci giocavano e noi nemmeno lo conosciamo. Il gioco consiste nel mandare la palla da una parte all’altra del campo colpendola esclusivamente con un tamburello.
Il borgo
Visitiamo il paese, compriamo pasta di farro, vino e una fascia per i capelli. Facciamo un aperitivo al sole, che finalmente si è deciso a splendere e a ricaricarci la batteria.
Vediamo il lago ma non riusciamo a intuirne la forma a cuore, bisognerebbe salire sulla torre del borgo. Entrare nella riserva costa 2€, ci porterebbe via troppo tempo e abbiamo il cane.
Torniamo al camper dopo aver curiosato nel cortile di una casa dove c’erano installati una cinquantina di bonsai.
A pranzo mangiamo pasta, questa volta abbiamo acqua a sufficienza perché presa nel bagno del bar dove abbiamo fatto l’aperitivo. Poi dormiamo un po’ col caldo del sole che entra nel camper.
Peschiera del Garda
Quando ci svegliamo, siamo indecisi sul da farsi, possiamo andare a vedere la partita di tamburello e acculturarci, andare a Monzambano per visitare l’altro castello com’era nostra intenzione alla partenza oppure salire ancora un po’ lungo il Mincio per arrivare al lago di Garda, a Peschiera.
Decidiamo per l’ultima opzione.
Parcheggiamo allo stadio e troviamo un paio di camper che erano al parcheggio a Borghetto.
La prima impressione
Peschiera, per come si è presentata a noi, è la classica cittadina da passeggio, per il gelatino, vestiti bene in una domenica di sole. In sé non è brutta, è il luogo dove il lago diventa Mincio, che è stato utilizzato come fossato a difesa della città.
Le mura di Peschiera circondate dall’acqua sono ancora presenti e ben tenute, così come i tre rami di uscita del lago che si ricongiungono a sud per diventare di nuovo fiume a tutti gli effetti. Qui si possono fare delle belle passeggiate, lontano dalla calca e dai gelati del centro.
Sono presenti, poi, degli scavi romani in centro, dei giardinetti e la possibilità di salire sulle mura sempre nel verde con una vista dall’alto di Peschiera e del lago.
Restiamo comunque delusi per via della confusione e da quest’aria di domenica portata all’eccesso. Ritorniamo al parcheggio intorno alle cinque e al contrario del nostro arrivo lo troviamo pieno zeppo. Ci rendiamo conto che, se fossimo arrivati in questo momento, ci sarebbe stato impossibile non solo trovare posto, ma, probabilmente, anche girare col camper.
Ci rallegriamo di questo inaspettato regalo da Peschiera e contenti di poter ripartire, torniamo a casa.
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