Raccontare Matera non è per niente un compito facile. Forse una delle tappe più difficili finora da capire. Eppure eravamo preparati, come tanti che si lasciano affascinare prima da lontano con foto, letture ed esperienze altrui.
Eravamo convinti di arrivare davanti ai Sassi e dire “ Ce l’aspettavamo”.
Invece no.
Basilicata
Restiamo colpiti molto prima di giungere a Matera. Non siamo mai stati, in Basilicata, e quindi, volenti o nolenti, le suggestioni, che ne traiamo, sono del tutto nuove per noi.
Un po’ abbiamo nella testa una Lucania, come la chiama lui, descritta da Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli, una terra desolata, dai paesini arroccati, isolati, scolpiti da luci e ombre. E invece già il suo nome anticipa altro. Lucania, così era chiamata la Basilicata fino al 1175 e nel periodo del regime un antico nome romano ad indicare il lucus, il bosco, la terra dei boschi. Noi, che arriviamo da sud non possiamo smentirne il nome, perché ci accoglie una terra di colline, falchi e tantissimo verde.
Alla mia esclamazione:
“Non me la facevo così verde”
Mi viene ribattuto:
“E come la facevi? Gialla?”.
In effetti, la Basilicata è solitamente gialla, tranne per un breve periodo all’anno, quest’anno capitato di maggio, un anomalo maggio piovoso.
Abbiamo nella mente l’immagine di questi paesini desolati appoggiati ciascuno sul suo colle. Il primo che incontriamo lungo la strada è Montescaglioso.
Levi ci racconta di paesi che ricordano una Gerusalemme abbandonata in un deserto di solitudine. Lo capiremo meglio a Matera.
Una delle soste camper più belle
Prima di visitare la città, però, troviamo sosta alla Masseria Radogna. Ci lasciamo condurre da una strada che dapprima s’inerpica sulla Murgia tra giganteschi massi per poi lasciare respirare lo sguardo sui pascoli dell’altopiano. Complice il tramonto che colora l’aria al nostro arrivo ci sentiamo subito a nostro agio. Ci fermiamo al Jazzo Gattini dove ha sede anche il cea “centro educazione ambientale” e dove scavi archeologici hanno evidenziato la presenza di un vecchio villaggio preistorico. Come capita sempre nei posti che hanno la natura al centro dell’attenzione, i posti che sanno di semplicità e che sono in grado di ricaricarti le batterie, ci sentiamo immediatamente a casa, tornando a tempi passati di un’infanzia trascorsa nei campi, quando ancora ci si arrampicava sugli alberi e si saltava nei fossi.
Matera
Visitiamo dapprima Matera, perdendoci nei famosi Sassi. La navetta ci porta dalla Masseria Radogna, fino in città e con una breve passeggiata arriviamo al salotto di Matera, Piazza Vittorio Veneto con gli adiacenti scavi ipogei. In giro, ci sono un sacco di scolaresche in gita con l’usanza di adesso di riconoscere le classi addobbando le teste dei bimbi con cappellini tutti dello stesso colore a seconda del gruppo. È questo il primo momento in cui abbiamo la percezione che visitare Matera non sarà per niente impresa semplice. La piazza è ampia dal pavimento bianco e abbagliante. Ci sentiremo, da qui fino a fine giornata, come alpinisti che hanno attraversato un ghiacciaio, stanchi e cotti dal sole. I primi due consigli sono quindi tanta acqua e una buona mappa della città.
I Sassi di Matera
Il Sasso Barisano
Arriviamo al Sasso Barisano e il primo sguardo su questo groviglio di case tutte intrecciate le une sulle altre, le une nelle altre, le une appiccicate alle altre ci lascia di stucco. Non servono le fotografie viste, non servono i documentari, non servono forse nemmeno le parole di Carlo Levi, che ci descrive una Matera dura, malarica, quasi infernale. Niente di tutto ciò è abbastanza per preparare alla vista sui Sassi e tanto meno alla loro visita.
Qui scatta il terzo consiglio, nato sostanzialmente da un nostro errore. Farsi accompagnare da una guida. Non crediamo, infatti, di avere compreso questa città. È troppo una rarità, un regno di un’assurda bellezza, una città unica nel suo genere. Nominata Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 1993 e Capitale Europea della Cultura del 2019 presenta chiese barocche e chiese rupestri in un susseguirsi di grotte, case, buchi, sassi su livelli. I più poveri stavano in basso, i più abbienti in alto.
Ci perdiamo in vicoli ciechi, in case diventate bed and breakfast, in sassi diventati locali. Cerchiamo i luoghi in cui molti film sono stati girati, il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, La Passione di Cristo di Mel Gibson. Cercavano un posto che assomigliasse alla Gerusalemme di allora, lo trovarono in Matera.
Oltrepassiamo il Duomo dal rosone maestoso. Attraversiamo tutto il Sasso Barisano, il cui nome deriva forse dal termine latino gens Varisia che indicava le proprietà dei nobili oltre le mura quando il luogo era ancora poco abitato.
Raggiungiamo la Chiesa di Santa Maria de Idris tutto perché seguendo sempre il nostro caro Carlo Levi di Cristo si è fermato ad Eboli come se fosse il nostro Virgilio ci descrive questo tratto di Matera con parole talmente suggestive e dure che non possiamo far altro che farci trascinare
[….] La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Quei coni rovesciati questi imbuti si chiamano Sassi: Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante. E cominciai anch’io a scendere per una specie di mulattiera, di girone in girone, verso il fondo. [….]
Il Sasso Caveoso
Dopo la visita, purtroppo solo dall’esterno, risaliamo lentamente verso il Sasso Caveoso. Pieghiamo in stradine del tutto a caso. Sbuchiamo in cortili. Osserviamo conchiglie come fossili perenni sui mattoni delle case, camminiamo su tetti, curiosiamo dentro porte socchiuse.
Matera è un luogo di forte impatto a tratti duro e contrastante. Per quanto si voglia far passare come romantica la descrizione di Carlo Levi, in realtà attraverso la voce della sorella, lo scrittore racconta di una città al limite della decenza, al limite di tutte quelle condizioni che rendono uomo più uomo e meno animale.
In realtà quella era la situazione fino agli ’50, quando, proprio per le pessime condizioni igieniche, la popolazione venne sgomberata per opera di una legge nazionale. La malaria, la condivisione delle case con gli animali, bambini rachitici, col tracoma o la tubercolosi, questi sono gli elementi che caratterizzavano Matera, vista dagli abitanti stessi come un luogo di estrema povertà. Eppure.
Eppure è sempre possibile un riscatto. Matera l’ha trovato nella storia, nella sua unicità, nelle grotte, nelle chiese rupestri e nei loro dipinti. Tanto importanti a livello culturale da essere trafugati e rubati da un professore tedesco Rudolf Kubesch nel 1962.
Una guida sarebbe stata interessante anche per vedere alcune di queste chiese oltre ad effettuare visite all’interno dei Sassi e delle grotte. Sentiamo una di queste raccontare che, però, lo sgombero dai Sassi non fece la felicità della popolazione, non per la parte materiale che andavano a perdere, bensì per quella emotiva, comunitaria, sociale. In ciascun quartiere c’era, infatti, un forno, un pozzo, una chiesa, una piazza, un lavatoio. Era una vita all’aria aperta dove ci si appoggiava alla comunità per le faccende della vita quotidiana. Lo sgombero di Matera distrusse non solo la malaria, ma anche questo delicato aspetto della vita dei materani.
Il nostro giro a Matera si conclude riprendendo la navetta e tornando alla masseria Radogna, ma ci sono altri modi per visitare la città. Modi che scopriamo come pagine di un libro nei giorni successivi.
Modo alternativi di scoprire Matera: documentari allo Jazzo Gattini
Un modo particolare è attraverso i documentari che si possono vedere allo Jazzo Gattini, attraverso le parole di chi il luogo lo abita da sempre. Uno sguardo diverso, ma imperdibile, è, poi, quello di osservare la città da questa parte della Gravina, il fiume che scava il canyon, che divide i Sassi dall’altopiano della Murgia materana. In questa area si mescolano natura e storia in un succedersi di siti archeologici, masserie, jazzi, macchia mediterranea e chiese rupestri.
Il Parco della Murgia Materana
Il Parco è costellato ovunque di grotte. Grotte che un tempo erano abitazioni, abitazioni e stalle, stalle e rifugi, rifugi anche dei monaci seguaci di San Basilio che in seguito alle persecuzioni in Turchia, giunsero nella Murgia. Scavarono chiese e cripte decorandole con affreschi bellissimi.
Ciascuna grotta è un libro, un racconto anche quelle che riusciamo a visitare noi liberamente senza guida, quelle senza affreschi. Ciascuna ha una sua disposizione e tutte sono un racconto a cielo aperto.
Capitiamo lungo il sentiero che costeggia tutto il canyon formato dalla Gravina alla chiesa di San Vito alla Murgia. Il suo ingresso è completamente crollato, la pianta è articolata e irregolare. A destra e a sinistra ci sono delle nicchie. Quelli che dovevano essere degli archi a tutto sesto ci accompagnano negli ambienti retrostanti. In quello di destra si vede ancora l’altare e si intuisce lontanamente la presenza di alcuni affreschi raffiguranti un giovane monaco, un Santo vescovo e uno guerriero.
La vista su Matera e i suoi Sassi da questa parte della Gravina è molto più affascinante, sicuramente meno caotica, più interessante nel capire la complessità di questa città. La Gravina grazie alla capacità erosiva dell’acqua ha formato questo canyon che si estende per oltre 12 km all’interno del Parco della Murgia. Dal punto di vista geologico la Murgia è costituita da calcari: il calcare di Altamura e la calcarenite di Gravina.
La Gravina, grazie alle sue pareti a precipizio, offre l’habitat ideale per molte specie endemiche di flora e fauna. Questo aspetto la rende da subito molto suggestiva anche per il visitatore di passaggio.
È praticamente impossibile non restare incantati dell’ambiente della Murgia materana.
Siamo colpiti dal lino delle fate meridionale, questa pianta erbacea dai fusti ricoperti di fibre. Sembra quasi un tessuto che luccica al sole anziché una pianta. Restiamo colpiti dalle sue danze, in lunghe distese accarezzate dal vento. Uno spettacolo irrinunciabile, ancora di più al tramonto con i Sassi di Matera sullo sfondo. Tutto sembra così armonico.
Un ambiente suggestivo, bucolico, un ambiente che fa pensare, camminare e ammirare. Tutto insieme. Osserviamo anche un Capovaccaio, un piccolo avvoltoio migratore. È annoverato tra le specie nidificanti in Italia che sono maggiormente in via di estinzione. Insomma, un animale raro, che, però, trova nella Murgia materana uno dei pochi luoghi in cui ancora riesce a nidificare indisturbato e tutto grazie alle pareti calcaree della Gravina.
Tutt’altro che rari sono, invece, i falchi grillai chiamati così perché si nutrono di grilli, che qui non mancano. E proprio questo continuo frinire ci accompagna per tutta la nostra permanenza in questo luogo, un luogo tra i più belli mai visti. Immancabili sono le mucche podoliche dalle corna appuntite e arcuate.
Sempre allo Jazzo Gattini si possono vedere documentari sulla transumanza, ma attenzione che poi vi viene voglia di seguire i pastori e stare qui per sempre.
INFORMAZIONI:
-Prezzo Sosta: 14,00 Euro a notte con elettricità (12,00 Euro senza allacciarsi alla corrente)
-Navetta per Matera: 6,00 Euro
INDIRIZZO DELLA NOSTRA SOSTA | Area Camper Masseria Radogna, Contrada Murgia Timone, Matera; coordinate GPS 40.67135, 16.63168 (descrizione, prezzi e voto sulla nostra mappa). |
PERIODO DELLA VISITA | Maggio 2019 |
COSA FARE E PUNTI D’INTERESSE | Visitare i Sassi Visitare le Chiese Rupestri Vedere i documentari allo Jazzo Gattini Trekking nel Parco della Murgia Materana |