Sono i giorni intorno a Pasqua: ci rechiamo a Bobbio in cerca di tranquillità lungo le sponde del fiume Trebbia. Alla fine sarà un viaggio all’insegna di ponti gobbi, castelli e leggende
Decidiamo di andare per il fine settimana lungo di Pasqua sul Trebbia.
L’idea ci sembra buona perché troviamo un’area sosta a Bobbio, paesino che fa parte dei Borghi più belli d’Italia: posto sicuro per il camper, borgo da visitare e acqua del Trebbia in cui bagnarsi, noi e il cane.
Bobbio
Bobbio è un borgo ancora perfettamente tenuto, sorto sulla sponda sinistra del fiume Trebbia per opera dei liguri, poi vi si insediarono i celti e infine i romani. Ora è in provincia di Piacenza, ma si può dire che le abbia passate tutte, un po’ come il papa con le diocesi, prima Genova, poi Pavia, Voghera, il ché fa dedurre in quale posizione centrale e strategica si trovi. Punto strategico della via del sale da Genova e crocevia di pellegrinaggio per chi andava a Roma, lungo la via degli Abati ancora oggi percorribile, Bobbio ebbe la sua fortuna, oltre che per la posizione, per l’arrivo dell’eremita irlandese San Colombano che ebbe la zona in dono dai longobardi e vi costruì un monastero.
L’Abbazia di San Colombano
Sull’ingresso dell’Abbazia di San Colombano una scritta recita: Terribilis est locus iste.
Quando andiamo a visitarla piove, fa freddo e Gabriele è evidentemente alterato per la pessima condotta di Milka al guinzaglio.
Ne vistiamo solo l’esterno, non ci facciamo intimorire dalla scritta e anzi assaporiamo tutta la tranquillità e desolazione del posto in un sabato sera. In giro ci sono infatti solo pochi giovani anziani, nelle vie numerosi sono i bar dai quali giunge musica a tutto volume, ma niente di più.
Leggiamo che nella cripta dell’Abbazia è visibile ancora un’impronta scura: è attribuita al diavolo che ci mette lo zampino di tanto in tanto sotto le sembianze di un cane per disturbare il corpo di San Colombano.
Il Castello dei Malaspina Dal Verme
Continuiamo imperterriti e giungiamo al castello dei Malaspina- Dal Verme. Due famiglie: un castello bifamiliare. Siamo accompagnati dal canto di un tenore, di un soprano, insomma una lirica che giunge da una finestra accanto al palazzo Malaspina.
Scendiamo da una stretta via che ha il sapore di antico.
La sosta
Attorno alle 22, arriviamo nell’oscurità da Hiesenberg, parcheggiato vicino al centro. Andiamo subito a letto, ma un rumore nell’aria, una sorta di avvisatore acustico, ripetuto ogni dieci minuti, ci accompagna fino a notte fonda.
Il sonno viene disturbato, poi, da alcuni passi. << Ricorderò!!>> si sente urlare, << Ricorderò>> sempre più vicino, << Ricorderò lessssmmentrrdd, ricorderò!>>. Un ubriaco fradicio ci passa accanto: facciamo di tutto per capire cosa debba ricordare, ma lo sforzo è proporzionale alla sua fatica nel ricordare.
Il giorno successivo, dopo colazione andiamo all’area sosta. C’è carico e scarico e niente corrente, costa 10 euro ogni 24 ore, ma bisogna fare i conti con i minuti che ruba. Attenzione, infatti, perché la cassa è avanti di un quarto d’ora abbondante.
La leggenda del famoso Ponte Gobbo
Il pomeriggio andiamo a bagnare i piedi nel Trebbia e a vedere l’emblema di Bobbio: il ponte Gobbo, o vecchio, o del Diavolo. È un ponte di 273 metri a 11 arcate tutte irregolari per questo l’epiteto gobbo.
La leggenda racconta che la sua costruzione sia dovuta a un patto che San Colombano fece con il diavolo affinché lo erigesse in una notte in cambio della prima anima che vi fosse passata. Il santo acconsenti, il diavolo commissionò l’opera a dei diavoletti con stature varie così il ponte uscì con tutte le arcate una diversa dall’altra. Il giorno dopo San Colombano per tenere fede al patto fece passare sul ponte un piccolo cagnolino; il diavolo si arrabbiò e tirò un calcio al ponte rendendolo ancora più storto. Insomma, con tutte queste leggende di diavoli e cani, quello di Bobbio per i nostri amici quadrupedi sembrerebbe non essere proprio amore, anche se noi non abbiamo avuto alla fine grossi problemi, anzi Milka si è divertita un mondo nell’acqua.
La prima doccia in camper
Quando torniamo al camper azzardiamo la prima doccia, con o senza rubinetto funzionante. Capiamo che se accendiamo il rubinetto esterno non avendo il microinterruttore, la pompa continua a pompare acqua. Ovviamo a uno dei problemi che ha il rubinetto del bagno. L’altro dilemma è contenere l’acqua sprecata sotto al lavandino e, soprattutto, avere acqua calda, accendiamo il boiler, questo sconosciuto. Tutto bene, siamo entusiasti, facciamo due docce calde eccezionali, ma arriviamo a colazione il giorno dopo senza acqua.
Ancora Trebbia
È Lunedì 17 Aprile, partiamo alla volta di Puglia, vicino a Piacenza sempre sul Trebbia, che coi suoi diavoli, ponti e acque porta bene. Dimentichiamo alzata l’antenna. Ci urlano nell’ordine: un anziano, un super anziano rabbioso come se l’antenna fosse sua, un giovane carabiniere in borghese perché fermi sulla statale nel mentre di sistemarla.
Quasi arrivati a Puglia, Gabriele si lamenta di Hiesenberg, perché non risponde all’acceleratore. Diamo al fatto la stessa importanza delle leggende di Bobbio, ci penseremo.
Arriviamo a Puglia.
Tutta campagna, pace contadina e nuvole bianche su cielo azzurro: ci ribagniamo nel Trebbia e se Eraclito diceva che è impossibile bagnarsi due volte nello stesso fiume facciamo una bella eccezione al panta rei.
Tutto scorre: acqua, tempo, avvenimenti, ma ci piace pensare che noi, quel lunedì 17, fossimo riusciti nell’opera di bagnarci nella stessa identica acqua del giorno prima, come fosse una benedizione per quello che sarebbe stato un fortunato rientro.
Arriviamo, infatti, a casa con le quattro frecce a 40km/h per gli ultimi chilometri. Camper in panne.
Ebbene, nonostante diavoli, cani malvisti, coincidenze, ubriachi e latinismi che recitano “questo posto è terribile”, Bobbio e la Val Trebbia sono posti incantevoli e affascinanti, quasi piacevolmente inspiegabili, tal tanto che sono un po’ magici e assurdi, come bagnarsi nella stessa identica acqua del fiume, che, naturalmente, continua a scorrere.